giovedì 14 gennaio 2010

Come mi batte forte il tuo cuore - Benedetta Tobagi

La prima volta che sentii parlare di Benedetta Tobagi, fu in una trasmissione televisiva dedicata ai parenti di coloro che erano stati uccisi per mano dei terroristi. Era la prima trasmissione che cercava di dar voce a coloro che veramente avevano sofferto, a coloro che nel silenzio avevano continuato a combattere per mantenere viva la figura dei loro cari. Non più voce solo a coloro che uccidendo , successivamente si sono pentiti e hanno cercato di spiegare i loro folli gesti.
Rimasi molto colpito dalle parole di Benedetta, la quale raccontava della probabilità di incontrare per le vie di Milano l'assassino di suo padre, cioè Marco Barbone. Infatti essendosi pentito ha potuto sfruttare la relativa legge sui collaboratori di giustizia e dopo soli tre anni di carcere è potuto uscire e costruirsi una nuova vita, come se niente fosse, come se il sangue che per mano sua è uscito, facesse parte di un'altra persona , sconosciuta a se stesso.
Per cui, quando è uscito il libro, mi sono sbrigato a comprarlo, con la voglia di leggerlo e capirlo fino all'ultima riga. E qui esce fuori il motivo della mia non totale soddisfazione circa lo scritto. Perchè se è vero, che l'autrice cerca di dare una risposta non solo politica all'accaduto, per cui c'è il forte dubbio che proprio nell'ambiente del Corriere della Sera, giornale ove lavorava il padre, sia stato deciso il suo assassinio, è altrettanto vero, che il fattore politico/terroristico non rende viva , secondo me, quella che era la vera figura di Walter Tobagi.
Intendo dire che non mi aspettavo un libro dai toni lacrimevoli, ma solo un qualcosa che ci raccontasse un pò più nell'intimo questo personaggio. Aldilà delle foto, dei brevi ricordi, il tutto è improntato sulla motivazione di questo assassinio. Vuole un pò ripercorrere la storia dell'Italia, di quella parte della nostra nazione, che negli anni di piombo, era collusa sia con la finanza che con il terrorismo.
Walter Tobagi fu ucciso nel 1980 da una delle tante piccole formazioni nate dalla costola di altre, nate soprattutto per dimostrare quello che erano capaci di fare. In questa occasione fu la "Brigata XXXVIII Marzo" a compiere l'efferato delitto. Quale la sua colpa? Essere il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi. Era il 28 Maggio e lui aveva solamente 33 anni. Ha lasciato la moglie e oltre a Benedetta, un altro figlio di sette anni. Mi ha molto colpito la figura del papà di Walter, il nonno di Benedetta, il quale da solo ha combattuto nei tribunali, durante le udienze, contro questi criminali e per fare in modo che la giustizia facesse il proprio corso. Ma soprattutto ha cercato di non far dimenticare il nome di suo figlio e in questo, devo darne atto, c'è riuscita Benedetta, la quale saprà certamente che anche da lassù il papà sarà orgoglioso di quello che lei gli ha dedicato, indipendentemente dalle mie valutazioni personali e dalle moltissime positive che ha ricevuto.

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