giovedì 22 ottobre 2009

Il vagabondo delle stelle - Jack london

Questo libro mi è stato segnalato e devo dire, che se anche non rientra tra i miei tipi preferiti di letture, è stata veramente un'ottima scelta e di conseguenza un'ottima segnalazione. Non è un libro da leggere sotto l'ombrellone, anche perché le condizioni meteorologiche attuali non lo permettono, ma soprattutto per l'alto valore che trasmette.
Questa è l'ultima opera scritta da Jack London, un'autobiografia che vede le sue radici dal momento in cui fu arrestato all'inizio del secolo , in quanto senza fissa dimora partecipava a delle manifestazioni di protesta negli Stati Uniti. Il racconto , scritto nel 1915, è ambientato nel 1913.
E' un libro che trasmette sensazioni particolari, che fa tornare in mente a chi lo legge , situazioni che si vivono e che sembrano già state vissute. In fin dei conti, a chi non è mai capitato di dire “questa situazione mi sembra di averla già vissuta in precedenza”. Ecco è questo che ha voluto dimostrare lo scrittore, che comunque ognuno di noi ha vissuto delle vite precedenti e di conseguenza attimi di vita che si ripetono nel tempo.
La storia prende spunto da un fatto veramente accaduto nel penitenziario di San Quentin e tratta della difficile vita carceraria che si viveva in quel momento storico. Lo scopo dello scrittore, il quale è poi riuscito nel proprio intento, era quello di ridurre la pena del suo amico Ed Morrel, veramente esistito, come d'altronde Jake Oppenheimer e Darrel Standing, il suo personaggio nel racconto.
La voce parlante, nonché personaggio principale della storia è Darrel Standing, il quale si trova rinchiuso nel carcere di San Quentin in seguito all'omicidio da lui commesso nei confronti del professor Haskell. Omicidio commesso e subito ammesso. Per questo reato fu condannato all'ergastolo, ma successivamente, incastrato da un altro recluso, fu condannato alla pena di morte per impiccagione.
E proprio a causa di questa condanna a morte , ha passato gli ultimi cinque anni della sua esistenza nella totale oscurità di un isolamento , detto morte vivente, in cui oltre che vagare nei luoghi più sperduti dell'universo, ha viaggiato anche nel tempo. Da qui “Il vagabondo delle stelle “.
Il racconto intreccia momenti di prigionia, soprattutto che rievocano i momenti più duri, quelli con la camicia di forza, con il suo vagare nel tempo. Con personaggi che una volta combattono, un'altra volta si ritrovano su un'isola sperduta, un'altra ancora , un'altra sono presenti durante la crocifissione di Gesù Cristo, insomma il suo è un vagare a 360°. E comunque, non mancherà mai il sorriso sul volto di Darrel, quel sorriso che era un inno alla vita, una vita che nessuno e chiunque in alcun modo avrebbe potuto mai distruggere, neanche con la pena capitale.
“La morte non esiste, la vita è spirito e lo spirito non può morire. Solo lo spirito, nella sua ascesa verso la luce, resiste e continua a crescere su se stesso in virtù di successive e infinite incarnazioni. Cosa sarò quando tornerò a vivere? Chissà. Chissà...”
Non vado avanti e non entro nei particolari , in quanto non voglio togliere nulla alla stupenda stesura di questo libro. Però una cosa va evidenziata, cioè che questo scritto è anche una forte denuncia contro la pena di morte, contro coloro che ancora accettano questo vile comportamento da parte di autorità che talvolta si ergono a paladini della democrazia.
Sono sicuro che se avrete la fortuna e la voglia di leggere con cura questo libro, dentro di voi ci saranno riflessioni a cui il vostro animo non potrà sottrarsi.

martedì 13 ottobre 2009

Sito archeologico dell'antica città di Saepinum - Campobasso - Italia

Il caso ha voluto che una nota trasmissione della Terza Rete Rai, ne parlasse subito dopo che avevamo deciso di andare a Saepinum. La trasmissione era Presa Diretta e devo dire che andando di persona sono rimasto esterrefatto della bellezza di questo sito archeologico e di come , ancora oggi, non sia possibile poter visitare tutto ciò che in realtà è ancora da scoprire. All'interno del complesso archeologico che ospita l'antica Saepinum, ci vivono persone che da secoli sono proprietari di appezzamenti e dove, sui resti dell'antica città, hanno costruito le loro dimore. Lo Stato non è in grado di espropriare questi appezzamenti , in quanto non ci sono i soldi. Ma non andiamo oltre, perchè c'è un solo modo per poter migliorare la situazione, cioè far conoscere a più persone possibili l'esistenza del sito archeologico di Altilia o dell'antica Saepinum.
Noi siamo stati veramente fortunati, perchè abbiamo avuto durante la nostra visita una guida competente e appassionata, cioè Giovanna, una archeologa giovane e simpatica.
Appena arrivati noto che il sito è poco pubblicizzato e rimango basito nel vedere tutte queste bellezze , lasciate un po' all'incuria.
Ma passiamo alla storia della città di Saepinum e a cercare di capire meglio come funzionava questo piccolo centro.
Come in tutte le città romane che si rispettino, troviamo all'interno di essa il teatro, le terme, il foro e ciò che resta delle abitazioni.
Saepinum è un cento di pianura, che si trova alle falde del Matese e che sbocca sulla Valle del Tammaro. La città è luogo di scambio all'incrocio di due assi stradali, uno di fondovalle, l'altro montano e collinare. Insomma pensate ad un grande incrocio e su questo incrocio cominciò a nascere Saepinum. Infatti sembra che il nome Saepinum derivi da Saepio, che significa recinto, insomma indica un luogo ove venivano ricoverate le greggi a scopo di scambio, una sorta di mercato all'aperto.
Il maggior splendore economico e non solo, si ebbe durante l'epoca augustea. Infatti in questo periodo vennero edificati tutti i maggiori edifici. Il complesso delle mura delle porte e delle torri, fu ispirata da Augusto stesso. La costruzione della cinta, permetteva una maggiore sicurezza al municipio di Sepino, da eventuali attacchi esterni. La cinta muraria, non aveva il solo scopo difensivo, ma aveva anche la necessità di conferire al municipio dignità urbana. Per esempio le porte , che sembravano archi trionfali, erano ornate, per esempio, da statue di prigionieri incatenati. L'unica porta ancora integra in parte , è quella di Bojano, sulla quale è possibile salire fino in cima per mezzo di una scala laterale e da dove si ha un'intera panoramica di Antilia.
Le torri , che erano parte integrante della cinta stessa, erano di pianta circolare, distanti tra loro circa 30 metri, mentre altre due, a pianta ottagonale, si trovano nei punti più visibili e comunque speculari fra loro. Ho visto una di queste torri, che è attualmente parte integrante, con un gregge di pecore e un recinto per galline e galli. Insomma vedere la nostra storia adibita a deposito ovino, è veramente mostruoso.
Il teatro è l'edificio più monumentale dell'antica Saepinum e si trova nella parte della città a ridosso delle mura di cinta. Prima di addentrarci nel teatro, vi parlo un pochino della postierla del teatro, che aveva lo scopo di incanalare il traffico pedonale da e per il teatro. Si trattava di un varco, ancora oggi visibile in parte, largo appena 210 centimetri e si presume che avesse una copertura, che purtroppo oggi non c'è più. Il nome è indicativo di un varco molto ridotto.
Entrando si notano ancora l'orchestra, l'ima e la media cava, mentre è rimasto ben poco per ciò che riguarda la summa cavea e la scaena, cioè il palco. Le comunicazioni con l'orchestra avvenivano attraverso le Parodoi, che erano dei corridoi compresi tra le parti dell'edificio scenico e il muro di cinta.
L'orchestra che si estende fino alla fronte del proscenio, simile, come forma, ad un ferro di cavallo, ha ancora intatta la pavimentazione originale.
L'ima cavea si differenzia dalla media cavea per la presenza di un corridoio semicircolare , ove nella parte inferiore era situato il condotto fognante che serviva per lo smaltimento delle acque piovane. Chi sedeva nell'ima aveva il privilegio di disporre di seggi portatili e comunque le postazioni si trovavano più in basso rispetto alle altre gradinate in quanto destinate a persone di elevato ceto sociale, tipo magistrati, augustali, ecc.
Della madia cavea sono visibili parte delle gradinate e il corridoio interno che serviva per immettersi nei posti a sedere, detto vomitoria. Comunque ai lati della media cavea si trovavano delle gradinate che permettevano più facilmente l'accesso alle stesse.
La summa cavea, di cui è rimasto ben poco, era la parte di seduta destinata al popolo, ove era possibile accedere per mezzo delle gradinate laterali e per mezzo di porticine arcuate , che si trovavano sul corridoio esterno.
La scaena, cioè l'impianto scenico, è strutturalmente un elemento a se stante. La lunghezza era quelle della cavea, ma nella parte anteriore c'era il palcoscenico destinato alle rappresentazioni, mentre in quella posteriore c'era il frontescena., il quale serviva sia da sfondo alle rappresentazioni che funzioni di servizio. Probabilmente era presente uno scenario mobile.
Alle spalle della scaena, si trovava il complesso campus, piscina, porticus, che fu edificato a spese di Erennio Obelliano. Il portico aveva la funzione di ospitare coloro che assistevano agli spettacoli, nel momento in cui iniziava a piovere, mentre il campus era adibito a luogo per esercitazioni ginniche.
Chi si trova a visitare questo luogo, stupendo a dir poco, per ciò che ha rappresentato e per quello che riesce a trasmettere a coloro che hanno la fortuna di arrivare fin qui , non può fare a meno di non visitare il Museo Archeologico Vittoriano, a fronte di una spesa d'ingresso di due euro, vedrete cose veramente interessanti.
Ma continuiamo il nostro viaggio e arriviamo alla piazza della città, cioè il forum, ove si svolgevano le attività commerciali e tutte le attività che servivano per il buon andamento del municipio. Dell'originaria perimetrazione architettonica non c'è più nulla, salvo qualche piccolo resto.
Per concludere , continuo a dire che è stupefacente ciò che abbiamo e come non riusciamo a sfruttarlo. Abbiamo vari tesori nella nostra penisola, eppure mi è toccato vedere, che dove una volta regnava l'antica Roma, ora ci sono coltivazioni di vario genere, tra pecore e galline.

venerdì 2 ottobre 2009

L'Anguilla Ubriaca - Anguillara Sabazia - Roma


Dunque prima di tutto è d'obbligo un chiarimento. Cosa è la Centeuri Soccer Club? E' la squadra di calcio a otto, in cui gioco e il mio ruolo è il portiere. Ogni inizio di anno sportivo, per cui sempre nel mese di Settembre, si organizza la cena sociale, a cui partecipano tutti i soci, cioè coloro che giocano nella squadra. Quest'anno abbiamo deciso di provare la cucina, dietro consiglio di Don Lurio, capitano della squadra, dell'Anguilla Ubriaca. E meno male che abbiamo seguito il suo consiglio, perchè altrimenti avremmo perso il piacere di gustare una cucina veramente particolare, una cucina salutistica. I nostri complimenti vanno allo Chef, perchè abbiamo mangiato eccellentemente e anche la scelta dei vini è stata azzeccata. Un informazione, chi ama i piatti tradizionali, tipo fettuccine, bistecca, patatine, insalata e così via, è meglio che non vada a mangiare all'Anguilla Ubriaca, perchè questo è un luogo per cultori del buon mangiare e la Centeuri è tanto brava sui campi di calcio, quanto con i piedi sotto il tavolino.
Dunque la serata è ottima, c'è una fresca brezza che arrivava dall'antistante lago di Bracciano e noi ci accingiamo ad entrare e passare una serata memorabile.
Il locale si trova a circa 25 chilometri da Roma, precisamente ad Anguillara Sabazia, ove oltre a visitare il suo centro storico è possibile fare una passeggiata sul lungolago. Ma torniamo alla nostra cena. Appena entrati, ci aspettava un prosecco con degli stuzzichini vari, tra cui bruschettine con zucca e composta di cipolla o pomodorini estirpati dei semi e peperoni. Dopo questo breve aperitivo, ci sediamo nella saletta a noi dedicata. L'ambiente è molto soft, con una musica italiana in sottofondo, che non disturba , anzi aiuta a rilassarsi e colloquiare tra un pasto e l'altro. La sommelier ci presenta il primo vino della serata, uno chardonnay bianco del Lazio. Molto gradevole e amabile, che si è sposato molto bene con il primo antipasto, cioè Sgombro con patate in salsa di uova e senape rustica. Molte parole e anche molti fatti, nel senso che la lunga descrizione è sinonimo di ottima cucina, almeno nel caso in questione. Dopo aver assaporato questa delizia, passiamo al secondo antipasto, si tratta di Capasanta saltata e trancio di pesce spada grigliato in semi di papavero. Vi assicuro mai mangiato un pesce spada così buono, delicato e saporitissimo, che richiama alla mente la pubblicità di un noto tonno "si taglia con un grissino". A questo punto, passiamo a uno dei due primi, con la sommelier che ci propone un altro bianco, della stessa casa vinicola, ma con una gradazione leggermente maggiore e con retrogusto sapido. Ecco arrivare il Cuscus di Kamut con ceci, frutti di mare e pesce di lago. Notare che per il sottoscritto è stato preparato senza ceci, per cui questa è un'altra nota di merito per lo chef e per i suoi collaboratori. A seguire abbiamo Fusilli giganti di Kamut con calamari al limone e asparagi. Signore e signori, due primi piatti da Oscar, veramente gustosi e delicati nelle stesso momento. Ora una piccola pausa per spiegare quanto è durata questa cena, cioè dalle 21 fino all'una e trenta di notte. Tutto questo tempo, perchè ogni piatto non è preparato in precedenza, ma è tutto cotto all'istante. Si pensi che se si decide di prendere un risotto l'attesa è abbastanza lunga, ma è relativa al periodo di cottura dello stesso e al tempo di riposo che necessita per la buona riuscita del piatto. Logicamente la durata lunga nel nostro caso, è dipesa anche dalle chiacchiere e dalle risate. Ma non mi voglio dilungare e vi narro i secondi piatti , partendo dai Gamberoni alla piastra con patate fritte, ma con una frittura molto particolare e arrivando al secondo piatto, cioè il Tonno palamido al pistacchio di bronte. Io non sono assolutamente in grado di dire quale dei due era migliore rispetto all'altro. Due pietanze semplicemente gradevoli, con i gamberoni già sgusciati e il tonno spettacolare. Tutto veramente perfetto, dalla cucina, al servizio, alla clientela, non so cosa scrivere di più. Giusto mancano ancora i dolci all'appello. Siamo partiti da una mousse al cioccolato e rum con frutti di bosco, per terminare con una pallina di gelato alla soia al gusto di crema servita su amaretto e guarnita con dell'ananas tagliato a fettine sottili.
Un 'ottima grappa affinata in barrique ha chiuso la serata.
Una serata veramente speciale, che oltre a farci ritrovare come gruppo sportivo, ci ha dato modo di provare questa cucina, superlativa a dir poco.
Che dire, che non siete appassionati di cibo e invece lo siete di calcio, potete seguire le nostre gesta su centeurisoccerclub.blogspot.com.
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