Parigi è sempre una sorpresa, c'è sempre qualcosa di nuovo da vedere. Di Rodin, prima di aver visitato il museo non ne sapevo nulla e sicuramente era una mia mancanza. Poi ho sempre pensato che le sculture o opere similari fossero abbastanza pesanti da digerire, comunque quelle mostre che avevo visitato in precedenza non mi avevano entusiasmato più di tanto. Ma qui si tratta di tutta un'altra cosa, si tratta di opere splendide, che ti regalano un'emozione particolare. Sarà che poi la mostra era abbinata a dei dipinti di Matisse e allora il tutto ai miei occhi è diventato molto più intenso. Appena arrivati facciamo una discreta fila di mezz'ora e rimanendo anche un pò stupiti di questa fila, dato che ci trovavamo in un giorno in mezzo alla settimana. C'è l'offerta famiglia e con soli 10 euro entriamo tutti e tre. Dopo aver preso qualche depliant, cominciamo il nostro percorso, che ci regalerà delle piacevolissime sorprese.
La visita inizia con i dipinti di Matisse messi in contatto con le opere di Rodin, opere che trattano anche di pittura. Le spiegazioni, tutte in inglese, francese o spagnolo, mettono in rilievo i punti di contatto tra i due artisti. Poi Matisse è semplicemente stupendo, almeno per me. Ma continuiamo e così finita la mostra di Matisse entriamo nel regno di Rodin, in quella casa che un anno prima della sua morte, lui decise che sarebbe diventata la casa delle sue opere, in quanto decise di donarle alla sua Francia. Il museo ha sede presso un palazzo del settecento che ospitò l'Hotel Byron ma che dal 1911 è di proprietà dello stato francese. Rodin abitò qui dal 1908 al 1917 e due anni dopo la sua morte il museo venne inaugurato.
Entrando nell'ampia sala al piano terra si cominciano a vedere alcune delle opere più famose e importanti. Scuramente tra queste opere rientrano "le mani" e , soprattutto, "il bacio". Quest'ultima ha un'altra versione al Tate di Londra. Questa opera fa di rodin un artista erotico, in quanto il bacio che si danno i due è molto intenso. In realtà Rodin ha voluto rappresentare l'amore tra Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, nel V° canto dell'inferno. Ecco, l'Inferno di Dante è l'ispirazione principale per le maggiori opere dell'artista, soprattutto quelle che si trovano all'esterno, nel giardino.
Al secondo piano dell'edificio troviamo tra le opere dell'artista, anche quadri di Van Gogh, Renoir, Munch e Monet.
La fortuna ha voluto che la giornata sia soleggiata e con ancora un pò di neve che aspettava di sciogliersi al sole. Il Pensatore, dall'alto osserva che tutta vada bene, almeno così sembra. In realtà si trova proprio di fronte alla Porta dell'Inferno, un opera grandiosa che in realtà che vide la sua fusione nel bronzo solamente dopo la morte dell'artista.
Il Pensatore altri non è che Dante che pensa all'immensa opera da lui scritta proprio davanti al luogo che lo ha ispirato.
Altra opera importante , che si trova al centro della fontana posta in fondo al giardino, è quella del Conte Ugolino, mentre è intento a mangiare i resti dei propri figli.
Non da meno, come importanza, è l'opera chiamata "i Borghesi di Calais", la quale è nata come ricordo in onore della gente di Calais per come si erano comportati nell'occasione dell'invasione inglese del XIV° secolo.
La visita dura tra le due e le tre ore, ma passano velocemente per l'abbondanza di emozioni che si provano.
Il museo si trova molto vicino a Les Invalides e comunque con la fermata della Rer o della metropolitana prossime all'attrazione.
Forse non rientra tra i musei più altisonanti e conosciuti, ma vale veramente la pena andarlo a vedere.
lunedì 15 marzo 2010
giovedì 11 marzo 2010
Pannenkoekenhuis Upstairs - Ristorante - Amsterdam - Paesi bassi - Olanda

Ci troviamo nel cuore di Amsterdam, di fronte alla scala più ripida di tutta la città. Per arrivare a sedersi in questo piccolo locale, che può ospitare al massimo dieci quindici persone, bisogna sobbarcarsi una scalinata molto ripida. Arrivati a metà di questa scalinata, si entra nel locale, tenendo presente che è aperto solo il venerdì , sabato e domenica, dalle 12,00 alle 18,00. Tutto si basa esclusivamente su piatti di pancakes, dolci o salati. Il locale è arredato con tutta una serie di stampe alle pareti, tra cui quelle che riguardano la famiglia reale e da moltissime teiere e bricchi vari, appesi al soffitto.
L'acino che vola - Enoteca /Ristorante - Roma
L'Acino che vola, è una enoteca / trattoria, che si trova nel quartiere Monteverde di Roma, precisamente una strada laterale della Via Portuense. Il locale non è molto grande e dispone oltre che di una sala interna , di un terrazzo giardino molto utile durante i mesi estivi. La particolarità dell'offerta è nella ricerca di prodotti biologici e comunque di piccole aziende che non ruotano attorno ai marchi più conosciuti. I prodotti, specialmente i vini, provengono dal Lazio, Umbria e Marche. Durante la settimana si tengono della cene a tema con menù fisso, tipo la serata dei primi o quella del pesce o quella a sorpresa. Si svolgono corsi per la degustazione del vino, per la preparazione in casa della birra e dei formaggi. Molto nota è la giornata della preparazione della pasta fatta in casa. Il locale è aperto tutti i giorni , tranne il lunedì per riposo settimanale, dalle 16 alle 02, per cui è indicato anche come luogo per il dopo teatro.
De Blaffende Vis - Ristorante - Amsterdam - Paesi Bassi - Olanda
Il locale De Blaffende Vis, in italiano “Pesce che abbaia”, si trova in uno dei quartieri più famosi di Amsterdam, per quanto riguarda lo shopping, cioè il Joordaan. Questo ristorante / bar offre piatti della cucina contemporanea olandese ed è aperto per la colazione, per il pranzo e per la cena. Ogni giorno si preparano piatti diversi, sia caldi che freddi, i quali vengono elencati nell'apposita lavagna che si trova all'entrata del locale. Come la maggior parte dei ristoranti di Amsterdam, la cucina è a vista, per cui si possono vedere preparare direttamente i piatti ordinati. E' diviso su due piani, infatti il piano superiore è soppalcato e con una gradevole vista su una strada laterale. La sera dopo le venti, il luogo si riempie di studenti e di altre persone che conversano e bevono birra ascoltando musica. Coloro che vi lavorano parlano la lingua inglese e comunque sono disponibili menù in inglese. Molto richiesti anche i dolci, con la torta di mele e cannella come punto di forza.
Le Temps de Cerises - Ristorante - Parigi
Parigi ci accoglie sempre alla grande, forse perchè ne siamo talmente innamorati che ogni cosa per noi va bene. Però per quanto riguarda il cibo non guardiamo in faccia nessuno e se non va bene , c'è poco da fare.
Comunque stavolta ci troviamo nel XIII° arondissement, vicino a Place d'Italie e nel cuore della zona universitaria. Siamo arrivati nel pomeriggio e dopo un piccolo riposino ci siamo subito messi in moto. Una breve camminata per conoscere un pò il quartiere e poi ci spostiamo verso Place d'Italie, dove c'è il centro commerciale Italie2. Dopo un breve giro al suo interno, il nostro piccolo comincia a manifestare un certo appetito. Iniziamo a camminare e dopo aver scartato un paio di locali segnalati, ci troviamo in Rue de la Butte. E' pieno di localini interessanti, sia per mangiare che per acquistare qualcosina di simpatico. A un certo punto la nostra attenzione viene catturata da un locale che ci piace subito e senza pensarci due volte, decidiamo di entrare.
Appena entrati, ci chiedono quanti siamo e ci fanno accomodare in un tavolo dove già c'è una signora con un libro in mano e che è evidente in attesa di qualcuno. Appena seduti, prima di ordinare, portano a Jacopo un bicchiere di sciroppo di amarena, loro lo chiamano granatina. Molto carino come gesto, anche perchè poi abbiamo scoperto che era gratuito. L'ambiente è molto particolare, le pareti sono piene di poster, con evidente tendenza di sinistra. Ma dove si mangia bene e l'ambiente è piacevole, francamente queste cose sono irrilevanti. Dunque arriva una signora e ci porge il menù. Da bere prendiamo l'acqua in caraffa e un quarto di vino rosso della casa, non male. Jacopo ha invece successivamente preso un altro bicchiere di granatina. Per iniziare abbiamo preso l'insalata con la guancia di maiale ( salade de joues de cochon), un’insalatona normale senza cetriolo e una mousse di formaggio. Il tutto accompagnato dal famosissimo pane francese, cioè la baquette. Diciamo che il cestino del pane è stato riempito più volte. Nel frattempo il locale si è popolato talmente, che tutti i posti sono occupati ed è arrivato anche il compagno della signora che leggeva il libro. In pratica siamo in cinque nella stesso tavolo. Attendiamo un pochino per i secondi, però l'attesa viene ripagata. Il nostro piccolo Vissani, ha preso l'entrecote con parecchie patatine , mentre Carla ha optato, dietro consiglio della signora che ci ha servito, per un entrecote al roquefort e patatine, mentre io ho preso la stessa ma con un purè fatto di patate e funghi champignon e salsa al fois gras. Il piccolo Vissani e la mamma hanno avuto un pò da ridire sulla cottura, mentre a me è andato tutto come previsto, cioè molto bene. Devo dire la verità, che se avessimo visto subito la dimensione dei secondi piatti, l'antipasto lo avremmo sicuramente saltato. Ma comunque già che c'eravamo, abbiamo deciso di assaggiare un dolce in tre, per cui abbiamo preso una buona crema catalana, ma un pò più lavorata, infatti c'erano dei pezzetti di cioccolato.
Alla fine abbiamo pagato 73 euro in totale, meno di 25 a testa e ci hanno regalato anche dei lecca lecca a forma di ciliegia. Nel frattempo c’erano persone che attendevano in fila in attesa che si liberassero dei tavoli.
Insomma una bella serata, divertente, al giusto prezzo e con un buon cibo, anche secondo il piccolo Vissani.
Comunque stavolta ci troviamo nel XIII° arondissement, vicino a Place d'Italie e nel cuore della zona universitaria. Siamo arrivati nel pomeriggio e dopo un piccolo riposino ci siamo subito messi in moto. Una breve camminata per conoscere un pò il quartiere e poi ci spostiamo verso Place d'Italie, dove c'è il centro commerciale Italie2. Dopo un breve giro al suo interno, il nostro piccolo comincia a manifestare un certo appetito. Iniziamo a camminare e dopo aver scartato un paio di locali segnalati, ci troviamo in Rue de la Butte. E' pieno di localini interessanti, sia per mangiare che per acquistare qualcosina di simpatico. A un certo punto la nostra attenzione viene catturata da un locale che ci piace subito e senza pensarci due volte, decidiamo di entrare.
Appena entrati, ci chiedono quanti siamo e ci fanno accomodare in un tavolo dove già c'è una signora con un libro in mano e che è evidente in attesa di qualcuno. Appena seduti, prima di ordinare, portano a Jacopo un bicchiere di sciroppo di amarena, loro lo chiamano granatina. Molto carino come gesto, anche perchè poi abbiamo scoperto che era gratuito. L'ambiente è molto particolare, le pareti sono piene di poster, con evidente tendenza di sinistra. Ma dove si mangia bene e l'ambiente è piacevole, francamente queste cose sono irrilevanti. Dunque arriva una signora e ci porge il menù. Da bere prendiamo l'acqua in caraffa e un quarto di vino rosso della casa, non male. Jacopo ha invece successivamente preso un altro bicchiere di granatina. Per iniziare abbiamo preso l'insalata con la guancia di maiale ( salade de joues de cochon), un’insalatona normale senza cetriolo e una mousse di formaggio. Il tutto accompagnato dal famosissimo pane francese, cioè la baquette. Diciamo che il cestino del pane è stato riempito più volte. Nel frattempo il locale si è popolato talmente, che tutti i posti sono occupati ed è arrivato anche il compagno della signora che leggeva il libro. In pratica siamo in cinque nella stesso tavolo. Attendiamo un pochino per i secondi, però l'attesa viene ripagata. Il nostro piccolo Vissani, ha preso l'entrecote con parecchie patatine , mentre Carla ha optato, dietro consiglio della signora che ci ha servito, per un entrecote al roquefort e patatine, mentre io ho preso la stessa ma con un purè fatto di patate e funghi champignon e salsa al fois gras. Il piccolo Vissani e la mamma hanno avuto un pò da ridire sulla cottura, mentre a me è andato tutto come previsto, cioè molto bene. Devo dire la verità, che se avessimo visto subito la dimensione dei secondi piatti, l'antipasto lo avremmo sicuramente saltato. Ma comunque già che c'eravamo, abbiamo deciso di assaggiare un dolce in tre, per cui abbiamo preso una buona crema catalana, ma un pò più lavorata, infatti c'erano dei pezzetti di cioccolato.
Alla fine abbiamo pagato 73 euro in totale, meno di 25 a testa e ci hanno regalato anche dei lecca lecca a forma di ciliegia. Nel frattempo c’erano persone che attendevano in fila in attesa che si liberassero dei tavoli.
Insomma una bella serata, divertente, al giusto prezzo e con un buon cibo, anche secondo il piccolo Vissani.
lunedì 8 marzo 2010
Fratelli di sangue. Storie, boss e affari della 'ndrangheta, la mafia più potente del mondo - Antonio Nicaso Nicola Gratteri

Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di questo libro grazie alla trasmissione televisiva "Che tempo che fa", condotta da Fabio Fazio.
Un libro da leggere con calma, cercando di assimilare il più possibile i dati, a dir poco spaventosi, che ne vengono fuori.
Ma cominciamo con il descrivere brevemente i due autori del libro, cioè Nicola Gratteri e Antonio Nicasio. Il primo è impegnato in prima persona nella lotta alla 'ndrangheta e infatti ha indagato anche sulla strage di Duisburg del 2007, mentre il secondo è uno storico e forse il massimo esperto nella conoscenza di questa organizzazione.
Non tutti sanno che la 'ndrangheta ha ormai superato Cosa Nostra nel volume di affari relativo al traffico di droga. In campo mondiale , ma soprattutto in Europa, opera in condizione di assoluto monopolio. Ma il giro di affari è ormai esteso a vari settori. Un dossier del 2006 ha messo in luce la totale invasione di questa organizzazione nel campo economico, visto il proliferare di supermercati e il controllo nella distribuzione della carne. Per non parlare degli investimenti nel traffico dei rifiuti e nel campo sanitario.
La parola 'ndrangheta deriva dal greco , precisamente da "andragathos" che significa uomo coraggioso. Le sue origini prendono forma, secondo una leggenda, dal lontano Seicento. Infatti si narra che una nave partita dalla Spagna, avesse a bordo tre fuggiaschi. I tre erano Osso, che sbarcò a Favignana e fondò la mafia, Mastrosso andò in Campania e fondò la camorra e infine Carcagnosso, devoto a San Michele Arcangelo, andò in Calabria e fondò la 'ndrangheta. Da notare che San Michele Arcangelo è il protettore dei poliziotti.
L'organizzazione è paranoica per quanto riguarda il rispetto delle regole e comunque è una società segreta di cui tutti devono conoscere l'esistenza. Con il passare degli anni, cambiarono i riti di iniziazione ma, soprattutto, ai tre fuggiaschi, subentrarono le nuove figure massoniche impersonate da Garibaldi, Mazzini e La Marmora.
Il boss dei boss, è stato sicuramente Antonio Macrì. Era amico di Luciano Liggio e di Michele Navarra, boss dei Corleonesi. Il boss comandava con lo sguardo, tanto che in una sentenza del 1950 i giudici scrissero che nella zona di Siderno e Locri si ricorreva alla potenza di Macrì per dirimere e imporre la volontà dei padroni sui contadini e sui mezzadri. Di lui, Giacomo Lauro, disse che era il vero e unico Capo dei Capi. Conobbe Provenzano e Riina, quando ancora avevano i pantaloni corti.
Dal 1985 al 1991 ci fu un cruento scontro tra le varie cosche e famiglie dell'organizzazione, che portò all'uccisione di più di 700 persone. L'ultimo omicidio fu quello del magistrato Antonio Scopelliti e segnò il più alto grado di collaborazione con la mafia. Infatti Scopelliti avrebbe dovuto rappresentare l'accusa nel processo contro Cosa Nostra.
L'organizzazione della 'drangheta si fonda sulla famiglia di sangue, cioè più cosche insieme danno vita al "locale", che riveste l'unità fondamentale dell'aggregazione mafiosa in un determinato territorio. La sua costituzione è subordinata alla presenza di 49 affiliati ed è retto da tre persone dette "copiata".Colui che si occupa dell'economia del locale, più precisamente della "baciletta", è il contabile. La baciletta è la cassa comune dove confluiscono tutti i proventi delle attività illecite, mentre il "capo crimine", è colui che si occupa degli eventi delittuosi.
La relazione dei gruppi calabresi è basata sul vincolo di sangue. Infatti in un comune della fascia ionica discendenti di due famiglie di 'ndrangheta si sono sposati tra loro per quattro volte. Altra dato da collegare a questo è l'intercettazione effettuata dai Ros, i quali hanno ascoltato la conversazione di una donna di Platì, la quale si lamentava con il marito, in quanto era stata obbligata a sposarlo. Insomma il tutto riporta quasi all'epoca medioevale, quando i regnanti stipulavano i matrimoni a fini espansionistici e di compattezza territoriale.
Nella gerarchia della 'ndrangheta c'è figura importante, come il camorrista di sgarro, che può essere di sangue, se ha almeno commesso un omicidio. Ad ogni figura corrisponde un santo, per esempio al picciotto è collegata Santa Liberata e allo sgarrista Santa Elisabetta. Chi non entra nell'organizzazione è detto "contrasto", mentre i fiancheggiatori sono chiamati "contrasti esterni".
Nella 'drangheta le colpe si distinguono in trascuranze e sbagli. La trascuranza è una mancanza di poco conto e viene, generalmente, punita con una ammenda, mentre lo sbaglio è punito con la morte o con la "spoliazione completa", cioè con la degradazione completa dell'affiliato.
Per entrare a far parte dell'organizzazione bisogna seguire un rituale ben preciso, cioè si deve far cadere una goccia di sangue di colui che vuole entrare sull'immagine di San Michele Arcangelo. Detto santino fu anche ritrovato in occasione della strage di Duisburg.
Il codice (scritto) della 'drangheta riveste un'importanza fondamentale, in quanto è lo strumento che da il senso di appartenenza e conferisce la legittimazione a tutti gli affiliati. Il rito e il suo linguaggio, scritto e non, rappresentano in un contesto degradato, sia culturalmente che economicamente, la rivalsa della società criminale calabrese.
Su una cosa i codici non svelano nulla, cioè riguardo all'elezione dei gradi più alti. Tale cosa rimane avvolta nel mistero.
In media il 59% degli affiliati, alla fine del 2005, aveva meno di 45 anni e questo spiega la facilità con cui l'organizzazione riesce a rinnovare i propri organici.
L'organizzazione è ormai vasta e arriva in qualsiasi parte del mondo.La strage di Duisburg parte da San Luca, in provincia di Vibo Valentia e arriva in Germania.
La 'ndrangheta è ormai ben amalgamata in tutto il territorio nazionale. L'organizzazione è ben radicata in sedici regioni italiane e ha collegamenti con realtà criminali di altre tre.
Per esempio nella provincia di Roma, la 'ndrangheta ha avuto rapporti con la banda della Magliana , mentre in Campania con la Camorra nel gestire il contrabbando di sigarette. Ma anche la Valle d'Aosta non è immune dal contagio, infatti il turismo è uno dei maggiori business per l'organizzazione.
La 'ndrangheta è la vera mafia globalizzata e non vi è continente che possa considerarsi immune dalla sua presenza. Per esempio nel continente africano all'inizio degli anni ottanta, venne individuato un grosso giro di hashish gestito da organizzazioni vicine alla famiglia di Hassan II° , Re del Marocco. E questo traffico era gestito dalla 'ndrangheta e da altre organizzazioni criminali del Centro Europa.
Recentemente si è scoperto che importanti esponenti del Kuwait avevano cercato dei contatti con la 'ndrangheta per riportare in patria il tesoro portato via da Saddam Hussein durante la prima Guerra del Golfo.
Leggetelo e fatelo leggere, perchè si scoprono notizie veramente interessanti.
martedì 2 marzo 2010
Marko Tana - Cabaret - Artista -

Marco, con la c, nasce a Roma il 1° Agosto 1966. Questo giorno è un giorno un pò magico, nascono artisti e grandi amici. Invece il Marko attore, anche se per gioco, vede la luce a otto anni di età, quando con i boyscout faceva ridere gli amici. All'inizio era accompagnato nella sua futura carriera da cabarettista dal suo amico Roberto e infatti avevano fondato i "Tana Libera Tutti". Un duo molto apprezzato che nel 1997, un pò per gioco, partecipò al concorso "Riso in Italy" e un pò a sorpresa arrivò in finale. Da quel momento anche gli impresari più in vista dello spettacolo si accorsero di loro e conseguentemente da semplice passatempo, la cosa cominciò a diventare seria. Da ormai dieci anni, sale sui palcoscenici più importanti di Roma, da solo. E' Marko Tana. A Roma non c'è evento importante che non l'abbia visto protagonista, dal Centrale del Foro Italico a Re per una Notte, dal Salone Margherita al Palacavicchi. Insomma un successo che sale sempre di più. Ha logicamente un suo artista di riferimento, un suo attore preferito, è Aldo Fabrizi. Una sorta di prolungamento della comicità romana del grande attore scomparso. La grande ecletticità di Marko Tana, è sotto gli occhi di tutti e soprattutto di quei fans che appena vedono un suo manifesto o che sanno di un suo spettacolo, lo seguono in qualsiasi luogo. La sua capacità è quella di adattarsi alle situazioni, al tipo di pubblico che si presenta ai suoi spettacoli. Non è semplice essere artista in situazioni in cui il pubblico ti offende, ma Marko anche in queste occasioni è riuscito a uscirne fuori alla grande. Logicamente erano i primi tempi, quando ancora il suo nome non era molto conosciuto, ora tutto questo non succede più, anzi gli applausi e i complimenti, sono la logica conseguenza della sua bravura.
I suoi personaggi di punta sono il Penombra, che ha sempre problemi con il cibo. Poi c'è il Sor Umberto, eternamente ubriaco, Richetto er matto, Checca Rino, dal nome si capisce che è una mezza checca e Riccardo, un personaggio prettamente radiofonico, nato dalla strana voce di un suo compagno di classe.
La sua forza è anche quella di non schierarsi, durante i suoi spettacoli, politicamente ne da una parte ne da un'altra. La politica, insieme alla fede religiosa, sono aspetti di cui Marko ha grande rispetto.
Anche quando non si ha voglia, bisogna far ridere la gente. E tutto questo lo ha provato sulla sue pelle. Quando qualche anno fa, ha avuto seri problemi di salute, il giorno che gli diedero la brutta notizia, coincise con una serata ad uno dei luoghi di punta del cabaret, cioè il "Tina Pica". Fece ridere come al suo solito, forse anche di più e chi sapeva gli fece i complimenti per la sua serietà nel far ridere, anche in quel particolare momento, perchè "l'arte rende immortali ed è l'accento in più che si dà alle azioni di ogni giorno". Come non essere d'accordo con le parole di Marko Tana?
E ora vorrei parlarvi di Marco, di quello splendida persona che è. Come tutti noi, con i suoi pregi e i suoi difetti. Una persona vera, che ti è vicina con discrezione e comunque sempre pronta ad aiutarti, qualunque sia la difficoltà.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo nel momento in cui è scomparsa una persona molto importante della mia vita, cioè mio padre. E' come se in quel momento qualcuno da lassù ha voluto rendere meno amara e triste la mia situazione. Una presenza giornaliera, che ha reso i primi momenti un pò meno tristi e che mi ha permesso di apprezzare e conoscere una stupenda persona.
Ha una bella famiglia, una compagna di vita e due bambini , con il maschietto che si chiama Fabrizio, proprio in onore del suo artista preferito, cioè Aldo Fabrizi (Aldo non gli piaceva come nome da dare al piccolo).
Marko Tana , è un grande sul palcoscenico ma, soprattutto, nella vita di tutti i giorni.
lunedì 1 marzo 2010
Hotel Residence Richemont - Parigi - Francia
Nei miei viaggi a Parigi, la mia seconda città preferita dopo la mia Roma, ho soggiornato in vari hotel e appartamenti. Mai nulla di molto scandaloso, sia dal punto di vista logitisco che estetico. Ma questa volta penso proprio di aver trovato un albergo con i fiocchi, pulito, ristrutturato, silenzioso e con il personale di una gentilezza unica. Punto molto su quest'ultimo punto, perchè generalmente si dice che i francesi sono sgarbati, un pò sbruffoni e poi soprattutto nei confronti di noi italiani. Invece in questo albergo, dalla prima all'ultima persona , la gentilezza e la voglia di mettersi a disposizione degli ospiti , non è mai mancata. Tanto per dirne una, hanno regalato a Jacopo due piccoli portachiavi che rappresentavano la Torre Eiffel in miniatura, insomma un pensiero carino. Ci troviamo nel 13° arrondissement, a pochi passi da Place d'Italie e a soli 5 minuti a piedi dalla fermata della stazione Francoise Mitterand e dalla linea C della RER, la quale risulta molto comoda per chi proviene dall'aeroporto di Orly. La zona è quella del quartiere cinese, ma non pensate a nulla di clamoroso, nel senso che la loro presenza è molto limitata e comunque il quartiere è veramente tranquillo e molto curato.
Le stanze sono molto ampie e ben tenute. Infatti si vede che l'intera struttura è stata ristrutturata recentemente. All'interno troviamo un bel letto a due piazze, non quelli tipici francesi un pò stretti e , nel nostro caso, un lettino aggiunto. C'è un bel televisore lcd con ricezioni di canali satellitari, rai uno compresa, la cassaforte, una finestra con affaccio sulla piazza che si trova proprio sotto l'albergo , una scrivania molto ampia e un armadio a due ante. La climatizzazione è centralizzata però è possibile regolarla autonomamente. Il bagno è pieno di prodotti , dalla cuffia per i capelli alle salviette per pulire le scarpe. C'è la doccia ed è senza finestra. Logicamente ci sono anche gli asciugamani , che vengono cambiati giornalmente.
E' veramente ben tenuto, è un misto tra ultramoderno e moderno, ma rapportato a un tre stelle. La reception è sempre attiva, anche se la sera, dopo un determinato orario, per entrare si deve usare la chiave magnetica che serve per aprire la stanza. Reception ottima e personale ancora di più. Come dicevo in precedenza, gentile e disponibile. Un computer con possibilità di collegarsi ad internet, gratuitamente, e a disposizione degli ospiti.
La colazione, servita nell'apposita sala e durante la bella stagione in un giardino attiguo, è composta da pane, fette biscottate, uova, marmellate varie, piccoli croissant, vati tipi di formaggi e da altre pietanze. Non sono presenti gli affettati, la cosa mi ha sorpreso un pochino, però vedendo la varietà e la quantità delle altre cose presenti, non ne ho sentito la mancanza. Logicamente, ci sono latte, sia caldo che freddo, caffè americano, tè, succhi di frutta, ecc. Il tutto è self service, ma prontamente quando finisce qualcosa, viene subito rimpinguata.
In qualsiasi punto di Parigi, visto le 14 metro, le linee RER e i mezzi pubblici di superficie, la posizione è ottima. Dall'albergo in cinque minuti ti trovi in due fermate diverse della metro e una della Rer. Togliendo che a 100 metri , su Rue de Tolbiac, passano molti autobus che portano in centro. La posizione è molto tranquilla e dunque ideale per rilassarsi e godere a pieno delle bellezze della capitale francese. La domenica a pochi minuti a piedi, c'è un piccolo mercato , che vende un pò di tutto. Per chi è di Roma, sembra una Porta Portese, molto in piccolo.
Insomma , non mancano locali per mangiare in zona e il prezzo pagato mi è sembrato buono, 120 euro a notte.
Lo consiglio vivamente e quando ritorno a Parigi, se non voglio andare in una zona più centrale, non mancherò di pernottare di nuovo al Residence Richemont.
Le stanze sono molto ampie e ben tenute. Infatti si vede che l'intera struttura è stata ristrutturata recentemente. All'interno troviamo un bel letto a due piazze, non quelli tipici francesi un pò stretti e , nel nostro caso, un lettino aggiunto. C'è un bel televisore lcd con ricezioni di canali satellitari, rai uno compresa, la cassaforte, una finestra con affaccio sulla piazza che si trova proprio sotto l'albergo , una scrivania molto ampia e un armadio a due ante. La climatizzazione è centralizzata però è possibile regolarla autonomamente. Il bagno è pieno di prodotti , dalla cuffia per i capelli alle salviette per pulire le scarpe. C'è la doccia ed è senza finestra. Logicamente ci sono anche gli asciugamani , che vengono cambiati giornalmente.
E' veramente ben tenuto, è un misto tra ultramoderno e moderno, ma rapportato a un tre stelle. La reception è sempre attiva, anche se la sera, dopo un determinato orario, per entrare si deve usare la chiave magnetica che serve per aprire la stanza. Reception ottima e personale ancora di più. Come dicevo in precedenza, gentile e disponibile. Un computer con possibilità di collegarsi ad internet, gratuitamente, e a disposizione degli ospiti.
La colazione, servita nell'apposita sala e durante la bella stagione in un giardino attiguo, è composta da pane, fette biscottate, uova, marmellate varie, piccoli croissant, vati tipi di formaggi e da altre pietanze. Non sono presenti gli affettati, la cosa mi ha sorpreso un pochino, però vedendo la varietà e la quantità delle altre cose presenti, non ne ho sentito la mancanza. Logicamente, ci sono latte, sia caldo che freddo, caffè americano, tè, succhi di frutta, ecc. Il tutto è self service, ma prontamente quando finisce qualcosa, viene subito rimpinguata.
In qualsiasi punto di Parigi, visto le 14 metro, le linee RER e i mezzi pubblici di superficie, la posizione è ottima. Dall'albergo in cinque minuti ti trovi in due fermate diverse della metro e una della Rer. Togliendo che a 100 metri , su Rue de Tolbiac, passano molti autobus che portano in centro. La posizione è molto tranquilla e dunque ideale per rilassarsi e godere a pieno delle bellezze della capitale francese. La domenica a pochi minuti a piedi, c'è un piccolo mercato , che vende un pò di tutto. Per chi è di Roma, sembra una Porta Portese, molto in piccolo.
Insomma , non mancano locali per mangiare in zona e il prezzo pagato mi è sembrato buono, 120 euro a notte.
Lo consiglio vivamente e quando ritorno a Parigi, se non voglio andare in una zona più centrale, non mancherò di pernottare di nuovo al Residence Richemont.
mercoledì 24 febbraio 2010
Museo Hermitage - Amsterdam- Paesi Bassi - Olanda

Quando nella prima metà del 2009 ho saputo della prossima apertura del nuovo Hermitage a Amsterdam, ho deciso che questa città era assolutamente da visitare. E infatti erano due i motivi principali della mia visita, il Museo di Van Gogh e , appunto, l’Hermitage. Il 20 giugno 2009 si è tenuta l'iinaugurazione di questa nuova succursale del famoso Museo di san Pietroburgo, che con i suoi tre milioni di opere, è uno dei più ricchi musei del mondo. Purtroppo non tutte possono essere esposte, così in collaborazione con il governo olandese, si è deciso, già dal 2004, di aprire una seconda sede di questo museo, proprio ad Amsterdam. Ma vista l’importanza delle opere , è stata inaugurata la nuova sede, che si tratta di un vecchio ospizio del XVII° secolo, l’Amstelhof.
Visto il periodo in cui siamo andati, cioè gennaio, vedere il giardino tutto coperto di neve, è stato molto bello.
L’ingresso costa 15 euro, ben spesi, mentre i ragazzi fino a 16 anni non pagano. Il museo è aperto dalla 10 alle 17, mentre il mercoledì prolunga il suo orario fino alle 20.
Dunque appena entrati, lasciamo i nostri zaini e cappotti al guardaroba, ma dato l’enorme afflusso di gente, ci mandano al piano superiore in quanto il guardaroba posto al piano terra era al completo. Nota negativa, non ci sono spiegazioni in italiano e neanche le audio guide prevedono la nostra lingua. Non c’è alcuna informazione . Per cui mettiamo in moto il nostro inglese, più o meno conosciuto.
All’inizio siamo in gruppo, poi ognuno prende il suo percorso e io, affiancato da Jacopo, inizio il mio giro. La prima sala che troviamo è piena di vestiti d’epoca della famiglia reale russa. Non è che queste cose mi affascinino in maniera particolare, però devo dire che l’ambiente aiuta. La cosa interessante è che all’interno della mostra dei reali russi e di tutto ciò che concerne la loro vita, si affianca la storia dell’ospizio, con addirittura la visita alle cucine, le quali sembrano riprendere vita con ombre che ricordano le suore che vi lavoravano e colloqui tra loro. Proseguendo si transita per le varie stanze dell’ospizio e in ognuna si trova , sia scritta che interattiva, la spiegazione di esse.
Una delle cose più interessanti è sicuramente la grande sala da ballo che poteva contenere fino a 3000 invitati, logicamente tutti di alto rango sociale. La festa aveva inizio con il ballo di apertura tra lo Zar e sua moglie. Poi si intrecciavano i vari componenti aristocratici, per esempio la Gran Duchessa ballava con l’ambasciatore e di conseguenza la moglie di quest’ultimo ballava con il Gran Duca.
In questo modo, riesco a far digerire a Jacopo il museo, insomma è sembrato più leggero. Continuiamo la nostra visita e così arriviamo alla sala del trono, molto bella. Prendiamo l’ascensore, non si poteva fare altrimenti, vista la stanchezza del mio piccolo e ci troviamo al piano superiore, dove troviamo la sala delle decorazioni russe, dipinti inerenti il rapporto tra la chiesa e la Russia di allora, la Russia come veniva vista nel mondo e tutta la dinastia dello Zar Nicholas II°.
A questo punto la visita volge al termine e devo dire, che anche se un po’ pesante, è stata molto ma molto interessante. Dato che Jacopo ed io eravamo stati più veloci, ci siamo fermati a mangiare qualcosa presso il ristorante interno. Un pò caro, però ci sta anche questo.
Per concludere esperienza positiva e da fare se si decise di andare ad Amsterdam, in quanto da Marzo e fino a settembre 2010 ci sarà una mostra di Matisse al suo interno.
sabato 20 febbraio 2010
Osteria dell'Angelo - Roma
Pausa pranzo, che si fa oggi? Io , solitamente, salto il pranzo, ma, dato che più di un collega di lavoro ha manifestato la voglia di pranzare da Angelino (L'Osteria dell'Angelo), anche io ho dato il mio assenso. Ci troviamo nel centro di Roma, a due passi da Piazza San Pietro, Castel Sant'Angelo, Piazza Risorgimento e che più ne ha più ne metta. Sono le tredici, di un giorno infrasettimanale, la temperatura è sopportabile , così decidiamo di occupare uno dei tavoli esterni. C'è un bel venticello si sta bene. E' la seconda volta che vengo in questo ristorante, il cui punto di forza è la cucina romana(?). La prima volta non rimasi colpito molto favorevolmente, ma ora ha rinnovato i locali e si è ingrandito parecchio, per cui ritento. Ma forse è bene, non tornare , mai, sul luogo del delitto. Siamo in cinque, ci accoglie uno dei camerieri, molto simpaticamente. Appena ti siedi, vedi la tavola apparecchiata, con una tovaglietta di carta paglia, che è quella carta , ottima, per i fritti, in quanto prende tutto l'olio e il cibo rimane più delicato. Va bene, lasciamo stare e scusate questa piccola digressione. Allora, su questa tovaglietta, sono scritte alcune informazioni. La sera , per esempio c'è il menù a prezzo fisso, escluse le bevande, a 25 euro, ma nel caso chiediate carne alla griglia, il prezzo sale a 30. Per quanto riguarda il pranzo, siamo a 7 euro per i primi, otto euro per i secondi , 5 euro un litro di vino, 3 euro i contorni, fino ad arrivare alla romanella con le ciambelline. Si parte con i primi, in cui spiccano i tonnarelli cacio e pepe, ma poi di romano basta, perchè c'è una normale pasta al sugo e gnocchetti alle vongole con crema di zucchine. Devo dire, nulla di eccezionale, sia per quanto riguarda i tonnarelli che per quanto riguarda gli gnocchetti. Prima ci hanno portato delle bruschette, con una crema di tonno e patate, un buon connubio. Il vino, grande nota dolente, almeno per me. E' il classico vino, che si trova nella damigiane da 5 litri, in vendita nei vini e oli. Insomma un vino , che al consumatore finale, cioè noi, viena a cosatare 5 euro e che al massimo può arrivare a un euro, poi io sul vino,dire che sia fissato è poco. Va bene, è fresco, ma per mandarlo giù ce ne vuole e comunque una buona bottiglia di acqua fresca frizzante, è preferibile. Arrivati al secondo, ci siamo guardati tra di noi, io avrei preferito rinuncuire, ma gli altri volevano le "famose" polpette, così abbiamo deciso di prenderne una a testa. Dato che non avevo ben capito, ho chiesto a Bixio, se il cameriere aveva capito e lui mi ha detto di si. Arrivano le famose polpette e rimango abbastanza deluso. Secondo me, hanno un aroma dentro, che sa più di orientale che di romano, non riesco a catalogarlo, ma per me è così. C'è anche l'uvetta e l'alloro. Questo è un locale molto alla moda, frequentato da professionisti, tipo notai, avvocati, medici, ecc. Nel tavolo attiguo al nostro, sento che ordinano le polpette e scuoto la testa, perchè penso che io le faccio più buone. Comunque non è questo il punto, almeno non solo questo. La porzione completa, è formata da numero due polpette, cioè otto euro, cioè sedicimila lire per due polpetta. Ma stiamo scherzando? Con sedicimila lire, faccio polpette per non si sa quante persone. Ma poi vengono servite, con qualche foglia di rughetta o rugola, che dir si voglia. La polvere d'oro è d'obbligo come condimento sulle polpette. Il contorno, sono le patate al forno, intrise di cipolla. E alla fine la famosa Romanella, vino dolce dei castelli romani, con le ciambelline, di certo non fatte in casa. Che delusione, rafforzata da un bel conto fatto sulla tovaglietta e senza ricevuta, certo con un pò di sconto, ma fidatevi, un'assurdità per quello che abbiamo mangiato e pagare quattro euro la polpetta che ho mangiato, mi è sembrato assurdo. Purtroppo, la moda colpisce anche i locali, ma non colpisce me, tanto che la prossima opinione sarà per una tipica trattoria romana, sconosciuta ai più o forse conosciuta solo agli abitanti della zona.
Comunque , per chi volesse provare, l'indirizzo dell'Osteria dell'Angelo è:
Via Giovanni Bettolo 24 tel 06.3729470
Cucina romana
Carte di credito: no
Chiusura: domenica. Lunedì e sabato a pranzo
Buon appetito, non non ve lo dico, al limite provate e poi mi saprete dire
Comunque , per chi volesse provare, l'indirizzo dell'Osteria dell'Angelo è:
Via Giovanni Bettolo 24 tel 06.3729470
Cucina romana
Carte di credito: no
Chiusura: domenica. Lunedì e sabato a pranzo
Buon appetito, non non ve lo dico, al limite provate e poi mi saprete dire
Sagra del sedano nero e della salsiccia - Trevi - Perugia
Parecchie volte sono stato a Trevi e molte volte, come lo scorso ottobre, sono stato alla sagra del sedano nero e della salsiccia. Insieme alla festa dell'olio che si tiene a Novembre, è la più importante manifestazione che si tiene nella cittadina umbra. Questo perché i prodotti locali sono il vero traino per il turismo. E si , perché oltre le bellezze naturali locali, i prodotti tipici sono fondamentali per l'economia della regione. Ma torniamo alla sagra e vediamo quando è nata. E' dal lontano 1965 che la esiste questa festa, che si svolge, sempre, la terza domenica di ottobre. Il sedano nero, nasce proprio da queste parti, nella valle tra la Flaminia e il Clitunno, ove ci sono le fonti. In realtà è detto nero, perché i semi con cui viene piantato sono di colore nero e anche le piantine che germogliano. Successivamente prende il colore tradizionale del sedano, anche se ha un colore più scuro e ha una sua particolarità, è privo di filamenti. Tornando alla Sagra, i preparativi della stessa cominciano già dal mese di Agosto.
Ricordo che l'ultima volta, ci siamo svegliati con il rumore dei preparativi della festa. La gente arriva da molti posti del centro Italia, non solo dai comuni circostanti. Parcheggiare potrebbe sembrare un problema, ma basta allontanarsi un pochino dal fulcro della festa, cioè da Piazza Mazzini e il problema è risolto. Gli espositori sono solamente produttori del sedano nero di Trevi e per quanto riguarda le salsicce, solo macellai dei dintorni. Già dalle dieci comincia a salire il profumo della brace. E si è un profumo, perché sono le salsicce che rendono l'aria "profumata". Sotto i portici ci sono tante bancarelle con prodotti tipici locali, come il tartufo, una quantità svariati di formaggi, tipo quello di fossa. Senza dimenticare i legumi , le castagne e la farina di polenta. Ogni anno non manca il vecchietto da cui compriamo le cipolle e le patate, hanno tutto un altro sapore. Jacopo, il mio piccolo, è un autentico amante di questa sagra. Alla fine lo devo quasi portare via a forza, per quanti panini con la salsiccia si mangerebbe. Quest'anno, per la prima volta, al ristorante La Vecchia Posta, ho assaggiato il piatto tradizionale della sagra, cioè la Parmigiana di Trevi, preparata con il sedano nero al posto delle melanzane. Io non sono un grande amante del sapore del sedano, però devo dire che non era niente male quel piatto. Poi c'è il famoso "cazzimperio", cioè le coste di sedano immerse nell'olio condito con sale e pepe. Insomma è un'esperienza assolutamente da provare, anche perché insieme alla sagra ci sono delle manifestazioni abbinate molto interessanti. L'atmosfera è quella tipica festaiola, ricordo che la penultima volta che sono stato alla sagra, a mezzogiorno è arrivato un nutrito gruppo di alpini che hanno svuotato o quasi, la dispensa dei panini con la salsiccia. Anche i bambini si divertono, è un'emozione da vivere, se non quest'anno, almeno il prossimo.
Ricordo che l'ultima volta, ci siamo svegliati con il rumore dei preparativi della festa. La gente arriva da molti posti del centro Italia, non solo dai comuni circostanti. Parcheggiare potrebbe sembrare un problema, ma basta allontanarsi un pochino dal fulcro della festa, cioè da Piazza Mazzini e il problema è risolto. Gli espositori sono solamente produttori del sedano nero di Trevi e per quanto riguarda le salsicce, solo macellai dei dintorni. Già dalle dieci comincia a salire il profumo della brace. E si è un profumo, perché sono le salsicce che rendono l'aria "profumata". Sotto i portici ci sono tante bancarelle con prodotti tipici locali, come il tartufo, una quantità svariati di formaggi, tipo quello di fossa. Senza dimenticare i legumi , le castagne e la farina di polenta. Ogni anno non manca il vecchietto da cui compriamo le cipolle e le patate, hanno tutto un altro sapore. Jacopo, il mio piccolo, è un autentico amante di questa sagra. Alla fine lo devo quasi portare via a forza, per quanti panini con la salsiccia si mangerebbe. Quest'anno, per la prima volta, al ristorante La Vecchia Posta, ho assaggiato il piatto tradizionale della sagra, cioè la Parmigiana di Trevi, preparata con il sedano nero al posto delle melanzane. Io non sono un grande amante del sapore del sedano, però devo dire che non era niente male quel piatto. Poi c'è il famoso "cazzimperio", cioè le coste di sedano immerse nell'olio condito con sale e pepe. Insomma è un'esperienza assolutamente da provare, anche perché insieme alla sagra ci sono delle manifestazioni abbinate molto interessanti. L'atmosfera è quella tipica festaiola, ricordo che la penultima volta che sono stato alla sagra, a mezzogiorno è arrivato un nutrito gruppo di alpini che hanno svuotato o quasi, la dispensa dei panini con la salsiccia. Anche i bambini si divertono, è un'emozione da vivere, se non quest'anno, almeno il prossimo.
venerdì 5 febbraio 2010
La biblioteca dei morti - Glenn Cooper
Innanzitutto partiamo dalla fine, cioè da quella bellissima sensazione che lascia il libro al termine della sua lettura.
E' un libro piacevole, che unisce vari secoli fra di loro e fa si che il lettore rimanga incollato a tutte le pagine del libro, nessuna esclusa.
E di tutto ciò, bisogna ringraziare colui che avuto l'ardire di scrivere questa storia, cioè Glenn Coper, il quale è alla sua prima opera e il risultato, viste le vendite, è a dir poco eccezionale.
Glenn Cooper è attualmente presidente e amministratore delegato di una importante industria di biotecnologie dopo essersi laureato con il massimo dei voti a Havard in Archeologia.
Questo è un libro che comincia in quattro tempi diversi, ma che alla fine conducono tutti alla stessa conclusiva data finale. La prima data è quella del 782 , quando in un piccolo convento sperduto sull'isola di Vectis,in Inghilterra, il piccolo Octavius, settimo figlio di Ubertus il tagliapietre e di sua moglie Santesa, nato nel 777, comincia a scrivere su una pergamena. L'altra data è quella del febbraio del 1947, con Churcill da protagonista. Ma sempre nel 1947 ci fu un altro protagonista importante, precisamente nel mese di luglio e fu il Presidente degli Stati Uniti, Truman. La quarta data è quella del maggio 2009, momento in cui fu recapitata una cartolina raffigurante una bara al giovane banchiere David Swisher.
Ed è in questo momento, che entrano in scena due dei protagonisti principali del libro, cioè Will Piper e Nancy Lipinski. Will Piper, ormai prossimo alla pensione, anche se ancora abbastanza giovane, viene comandato dalla sua attuale superiore, in precedenza alle sue dipendenze, ad occuparsi del caso Doomsday, cioè dell'assassinio del giovane banchiere David Swisher. Non accetta di buon grado questa imposizione venuta dall'alto, perchè pensava a qualche piccolo lavoretto prima di arrivare all'agognata pensione, ma la sua bravura nel risolvere casi difficili e particolarmente riferiti a serial killer, furono fondamentali nel far ricadere su di lui la scelta, anche se soltanto per il malore avuto da colui che seguiva le indagini precedentemente. Con Nancy Lipinski si instaura dapprima un rapporto lavorativo abbastanza ostile, in quanto Will non credeva nelle capacità investigative della ragazza, ma pian piano si dovette ricredere e non solo dal punto di vista professionale. Il libro salta da un secolo all'altro , con molta fluidità e con piacevole capacità temporali. Però, indubbiamente, e' nel 2009 che si svolge la maggior parte del racconto, con i continui omicidi e con le indagini che non trovano un filo logico utile alla risoluzione del caso. All'inizio si parla soltanto di un serial killer, non si pensa a quello che in realtà si cela dietro le morti di ognuno. Si cerca di trovare un filo che unisca tutti le morti, ma il tutto porta al nulla o quasi. Il lettore, essendo parte attiva dell'opera, leggendo le varie situazioni che si intrecciano nei secoli, comincerà a capire che qualcosa di incredibile e macchiavellico si cela dietro a queste morti. Octavius venuto alla luce il 7.7.777, a cui viene assegnato erroneamente questo nome, in quanto nato da un parto gemellare ed essendo uscito per secondo, concepito come settimo, è l'amanuense che da inizio a tutto ciò che accadrà in seguito, fino ad arrivare alle indagini di Will e Nancy.
Infatti non sapendo ne leggere ne scrivere, prende un bastone e nella terra comincia a scrivere dei nomi con vicino dei numeri e continua a farlo su dei fogli di pergamena, senza fermarsi mai.
Come si vede, ci sono personaggi importanti, ma con nomi non conosciuti e altri che hanno scritto la storia del dopoguerra mondiale.
Non voglio continuare con altri indizi, per non togliere a colui che legge, il piacere di scoprire da solo, che se non sei un OLO, la cosa è molto positiva.
E' un libro piacevole, che unisce vari secoli fra di loro e fa si che il lettore rimanga incollato a tutte le pagine del libro, nessuna esclusa.
E di tutto ciò, bisogna ringraziare colui che avuto l'ardire di scrivere questa storia, cioè Glenn Coper, il quale è alla sua prima opera e il risultato, viste le vendite, è a dir poco eccezionale.
Glenn Cooper è attualmente presidente e amministratore delegato di una importante industria di biotecnologie dopo essersi laureato con il massimo dei voti a Havard in Archeologia.
Questo è un libro che comincia in quattro tempi diversi, ma che alla fine conducono tutti alla stessa conclusiva data finale. La prima data è quella del 782 , quando in un piccolo convento sperduto sull'isola di Vectis,in Inghilterra, il piccolo Octavius, settimo figlio di Ubertus il tagliapietre e di sua moglie Santesa, nato nel 777, comincia a scrivere su una pergamena. L'altra data è quella del febbraio del 1947, con Churcill da protagonista. Ma sempre nel 1947 ci fu un altro protagonista importante, precisamente nel mese di luglio e fu il Presidente degli Stati Uniti, Truman. La quarta data è quella del maggio 2009, momento in cui fu recapitata una cartolina raffigurante una bara al giovane banchiere David Swisher.
Ed è in questo momento, che entrano in scena due dei protagonisti principali del libro, cioè Will Piper e Nancy Lipinski. Will Piper, ormai prossimo alla pensione, anche se ancora abbastanza giovane, viene comandato dalla sua attuale superiore, in precedenza alle sue dipendenze, ad occuparsi del caso Doomsday, cioè dell'assassinio del giovane banchiere David Swisher. Non accetta di buon grado questa imposizione venuta dall'alto, perchè pensava a qualche piccolo lavoretto prima di arrivare all'agognata pensione, ma la sua bravura nel risolvere casi difficili e particolarmente riferiti a serial killer, furono fondamentali nel far ricadere su di lui la scelta, anche se soltanto per il malore avuto da colui che seguiva le indagini precedentemente. Con Nancy Lipinski si instaura dapprima un rapporto lavorativo abbastanza ostile, in quanto Will non credeva nelle capacità investigative della ragazza, ma pian piano si dovette ricredere e non solo dal punto di vista professionale. Il libro salta da un secolo all'altro , con molta fluidità e con piacevole capacità temporali. Però, indubbiamente, e' nel 2009 che si svolge la maggior parte del racconto, con i continui omicidi e con le indagini che non trovano un filo logico utile alla risoluzione del caso. All'inizio si parla soltanto di un serial killer, non si pensa a quello che in realtà si cela dietro le morti di ognuno. Si cerca di trovare un filo che unisca tutti le morti, ma il tutto porta al nulla o quasi. Il lettore, essendo parte attiva dell'opera, leggendo le varie situazioni che si intrecciano nei secoli, comincerà a capire che qualcosa di incredibile e macchiavellico si cela dietro a queste morti. Octavius venuto alla luce il 7.7.777, a cui viene assegnato erroneamente questo nome, in quanto nato da un parto gemellare ed essendo uscito per secondo, concepito come settimo, è l'amanuense che da inizio a tutto ciò che accadrà in seguito, fino ad arrivare alle indagini di Will e Nancy.
Infatti non sapendo ne leggere ne scrivere, prende un bastone e nella terra comincia a scrivere dei nomi con vicino dei numeri e continua a farlo su dei fogli di pergamena, senza fermarsi mai.
Come si vede, ci sono personaggi importanti, ma con nomi non conosciuti e altri che hanno scritto la storia del dopoguerra mondiale.
Non voglio continuare con altri indizi, per non togliere a colui che legge, il piacere di scoprire da solo, che se non sei un OLO, la cosa è molto positiva.
mercoledì 3 febbraio 2010
Van Gogh Museum - Amsterdam - Paesi Bassi - Olanda
Amsterdam, almeno per me, significa andare a vedere due musei. Uno di questi è sicuramente il Van Gogh Museum e l'altro è l'Hermitage. Ho visto tutti e due e dire quali dei due mi ha impressionato di più è difficile. Però l'emozione che ti regala un dipinto di Vincent Van Gogh, è unica.
Il museo, si trova proprio nella zona di Amsterdam a loro dedicata cioè sul Museumplein e l'entrata si trova in Paulus Potterstraat 7 , a soli cinque minuti a piedi da dove avevamo preso l'albergo. Essendo gennaio e con una temperatura sotto lo zero, di turisti non ce ne erano molti, per cui delle file che avevo letto non si è visto nulla.
Il Museo è aperto tutti giorni dalle 10 alle 18, mentre il venerdì prolunga l'orario fino alle 22.
Per arrivare al Museo, basta prendere i numerosi mezzi pubblici. Si arriva per mezzo del tram n° 2,3 5, 12 o con l'autobus 145, 170 e 172. E accessibile alle persone diversamente abili e comunque sono a disposizione dei visitatori , gratuitamente, sedie a rotelle e passeggini.
Appena entrati, prendiamo l'audioguida, fondamentale per riuscire ad apprezzare all meglio le numerose opere dell'artista. l'audioguida era logicamente in italiano. Dopo aver lasciato i piumini al guardaroba, saliamo al primo piano, dove comincia la meravigliosa esposizione. E come non cominciare con uno di quadri più significativi? Ecco davanti a noi "I mangiatori di patate", realizzato nel 1885 durante il suio soggiorno a Nuenem. Il quadro voleva rappresentare un esempio realistico di vita contadina. Non ebbe il successo sperato, ma ricevette soprattutto critiche. Non avendo ancora l'abilità che lui cercava nel riprodurre figure umane , nel 1886 si reca ad Anversa, dove studia presso l'accademia. Ma spronato dal fratello Theo, mercante d'arte a Parigi, nell'inverno della stesso anno si recò nella capitale francese. Nei due anni che trascorse a Parigi, dipinse 27 autoritratti, in quanto non aveva i soldi per pagare i modelli. Nel febbraio del 1888 si recò a Arles, un piccolo paese nel meridione della Francia e li dipinse famosi "Girasoli". Altre due opere molto importanti furono "La casa gialla" e " La camera da letto". La casa gialla era il luogo in cui, insieme all'amico Gauguin, intendeva fondare un ritrovo per artisti, un luogo ove ognuno poteva sviluppare le proprie arti. Ma purtroppo tra i due nacquero insanabili attriti e così il tutto tramontò, con l'epilogo del taglio del proprio orecchio da parte di Van Gogh. Nel 1889 si trasferì a Saint-Remy, nell'ospedale psichiatrico. Nei momenti in cui si sentiva bene, dipinse il "Campo di grano con mietitore" e "Natura morta con iris". Nel 1890, anno della sua morte, si spostò a Auvers-sur-Oise. All'inizio sembrava aver ritrovato la sua vena artistica positiva, culminata con il "Campo di grano con corvi". Il 27 luglio 1890 decise di porre fine alla propria esistenza, sparandosi al petto. Era il periodo in cui arrivavano i primi riconoscimenti. Il fratello, presente al folle gesto, morì dopo sei mesi e tutti e due riposano nel cimitero della cittadina.
Solo dopo la sua morte molti subirono il fascino delle sue opere, che in questo museo sono presenti in svariata misura. Passare circa tre ore in questo luogo, è qualcosa di stupendo, anche per chi come il sottoscritto non è un intenditore di arte. Ma la bellezza e l'emozione, sono cose che inevitabilmente escono fuori, è impossibile rimanere indifferenti a tutte queste opere.
Il museo è composto di tre piani. Al primo piano c’è un’ampia esposizione di dipinti che seguono un ordine cronologico per capire al meglio l’evoluzione artistica del Van Gogh. Al terzo piano ci sono opere del XIX° secolo, le quali vengono messe in relazione con le opere del maestro olandese. Il secondo piano ospita presentazioni didattiche e ricerche inerenti le tecniche di restauro.
Il prezzo del biglietto più quello per le audioguide non è ben speso, ma molto di più.
Il museo, si trova proprio nella zona di Amsterdam a loro dedicata cioè sul Museumplein e l'entrata si trova in Paulus Potterstraat 7 , a soli cinque minuti a piedi da dove avevamo preso l'albergo. Essendo gennaio e con una temperatura sotto lo zero, di turisti non ce ne erano molti, per cui delle file che avevo letto non si è visto nulla.
Il Museo è aperto tutti giorni dalle 10 alle 18, mentre il venerdì prolunga l'orario fino alle 22.
Per arrivare al Museo, basta prendere i numerosi mezzi pubblici. Si arriva per mezzo del tram n° 2,3 5, 12 o con l'autobus 145, 170 e 172. E accessibile alle persone diversamente abili e comunque sono a disposizione dei visitatori , gratuitamente, sedie a rotelle e passeggini.
Appena entrati, prendiamo l'audioguida, fondamentale per riuscire ad apprezzare all meglio le numerose opere dell'artista. l'audioguida era logicamente in italiano. Dopo aver lasciato i piumini al guardaroba, saliamo al primo piano, dove comincia la meravigliosa esposizione. E come non cominciare con uno di quadri più significativi? Ecco davanti a noi "I mangiatori di patate", realizzato nel 1885 durante il suio soggiorno a Nuenem. Il quadro voleva rappresentare un esempio realistico di vita contadina. Non ebbe il successo sperato, ma ricevette soprattutto critiche. Non avendo ancora l'abilità che lui cercava nel riprodurre figure umane , nel 1886 si reca ad Anversa, dove studia presso l'accademia. Ma spronato dal fratello Theo, mercante d'arte a Parigi, nell'inverno della stesso anno si recò nella capitale francese. Nei due anni che trascorse a Parigi, dipinse 27 autoritratti, in quanto non aveva i soldi per pagare i modelli. Nel febbraio del 1888 si recò a Arles, un piccolo paese nel meridione della Francia e li dipinse famosi "Girasoli". Altre due opere molto importanti furono "La casa gialla" e " La camera da letto". La casa gialla era il luogo in cui, insieme all'amico Gauguin, intendeva fondare un ritrovo per artisti, un luogo ove ognuno poteva sviluppare le proprie arti. Ma purtroppo tra i due nacquero insanabili attriti e così il tutto tramontò, con l'epilogo del taglio del proprio orecchio da parte di Van Gogh. Nel 1889 si trasferì a Saint-Remy, nell'ospedale psichiatrico. Nei momenti in cui si sentiva bene, dipinse il "Campo di grano con mietitore" e "Natura morta con iris". Nel 1890, anno della sua morte, si spostò a Auvers-sur-Oise. All'inizio sembrava aver ritrovato la sua vena artistica positiva, culminata con il "Campo di grano con corvi". Il 27 luglio 1890 decise di porre fine alla propria esistenza, sparandosi al petto. Era il periodo in cui arrivavano i primi riconoscimenti. Il fratello, presente al folle gesto, morì dopo sei mesi e tutti e due riposano nel cimitero della cittadina.
Solo dopo la sua morte molti subirono il fascino delle sue opere, che in questo museo sono presenti in svariata misura. Passare circa tre ore in questo luogo, è qualcosa di stupendo, anche per chi come il sottoscritto non è un intenditore di arte. Ma la bellezza e l'emozione, sono cose che inevitabilmente escono fuori, è impossibile rimanere indifferenti a tutte queste opere.
Il museo è composto di tre piani. Al primo piano c’è un’ampia esposizione di dipinti che seguono un ordine cronologico per capire al meglio l’evoluzione artistica del Van Gogh. Al terzo piano ci sono opere del XIX° secolo, le quali vengono messe in relazione con le opere del maestro olandese. Il secondo piano ospita presentazioni didattiche e ricerche inerenti le tecniche di restauro.
Il prezzo del biglietto più quello per le audioguide non è ben speso, ma molto di più.
lunedì 1 febbraio 2010
Il tempo che vorrei - Fabio Volo
Una premessa è d'obbligo, cioè io non amo il FabioVolo televisivo o radiofonico, mentre sono un uso grande estimatore dal punto di vista letterario. Questo, come d'altronde lo sono i suoi scritti precedenti, è un libro che ho letto tutto di un fiato. L'ho letto dopo quello di Benedetta Tobagi e subito prima di "Fratelli di sangue" di Gratteri, che tratta la storia della 'ndrangheta. Dunque una lettura "leggera", rispetto alle altre due. Non è il miglior libro di Fabio Volo, almeno secondo me. Infatti ho dato un giudizio di quattro stelle su cinque, il suo migliore è sicuramente "Il giorno in più".
Ma torniamo all'attualità, cioè a "il tempo che vorrei".
E’ probabile che ogni libro di Fabio Volo, sia un'autobiografia, infatti Lorenzo, il protagonista, somiglia molto a lui, ha la sua stessa età, all'incirca. Perchè mi piace ? Perchè a livello di età è quasi un mio coetaneo e tante situazioni da lui raccontate, molto bene, mi fanno ritornare alla mente situazioni vissute in prima persona. Ci sono cose che la mia mente sembra aver cancellato e che grazie a Lorenzo, o meglio a Fabio, ritornano alla mente. Una per tutte, la più vera, era quando dovevamo ricevere una telefonata importante e volevamo rimanere soli, perchè era una telefonata fatta dall'altro sesso. Circa 30 anni fa non c'erano i cellulari c'erano i telefoni con il disco e, soprattutto, erano sempre dislocati nella parte centrale della casa, dove tutti erano pronti a sentire tutto. Magari eri li ad aspettare il trillo del telefono e per un'ora non c'era stato nessuno, improvvisamente la spazio si riempiva, appena cominciavi a parlare, dopo che il telefono aveva fatto mezzo squillo.
Ma torniamo al libro e al suo protagonista, il quale non ha la capacità di dimostrare l'amore verso il prossimo, ma soprattutto verso due persone, fondamentali nella sua vita, cioè suo padre e la sua donna.
La cosa più difficile per Lorenzo è crescere, soprattutto è la paura di confrontarsi con persone che provano verso di lui un sentimento vero. O meglio, riferendomi al padre, un sentimento paterno, che delle volte, può apparire in contrasto con il voler effettivamente bene ad un figlio. La similitudine riferita alla tapparella rotta, è molto calzante. E la povertà che si dilata fino a far diventare tutto precario. La provvisorietà è un qualcosa che dura nel tempo e difficilmente si riesce a sradicare. Per questo una tapparella con il cacciavite che funge da fermo, è un qualcosa che dura nel tempo. E il rapporto con i due personaggi come procede? Lorenzo comincia a conoscere suo padre in età avanzata, quando ormai la vita aveva chiesto quasi tutto a quest'uomo, che aveva fatto del lavoro e dei debiti una sua ragione di vita. Non c'era niente altro, solo lavoro per ripianare i debiti e talvolta prendere il salvadanaio di Lorenzo per far sta buoni i creditori. E poi c'è Lei, la sua donna, che come tutte le cose della nostra vita, assume una forma essenziale nel momento in cui non c'è più, nel momento in cui capisci che l'hai persa, forse per sempre. E allora tutti i tuoi ricordi, che lambiscono il masochismo, vengono a galla. Ogni cosa, ogni odore, ogni movimento, ti fa venire in mente Lei, ti fa ritornare alla mente i momenti stupendi passati insieme, la prima volta in cui hai fatto l'amore e tante altre cose, che servono solo a distruggerti. Ma in tutto questo c'è bisogno di un aspetto fondamentale, cioè crescere, avere la cognizione che soltanto facendo quello scatto in più, si può arrivare ad una conclusione, positiva o negativa che sia.
Le preoccupazioni, i pensieri, le delusioni, inevitabilmente, aiutano a crescere e crescere significa prendere atto della vita, di quella che ti regala , ma anche di quello che ti toglie. Talvolta senza una spiegazione plausibile, ma in fondo a tutto c'è un perchè.
E poi il libro da delle piccole spiegazioni che ignoravo, per esempio il suo amico fraterno Nicola, gli spiega il significato della parola croissant, che ha la stessa forma della luna crescente della bandiera turca. E il motivo per cui la Fanta si chiama in questo modo? Piccole notizie , ma comunque utili e divertenti.
Concludendo è un libro che raccomando, che regalerei ad un amico e che leggerei in ogni caso, anche se non fossi un estimatore dello scrittore.
Ma torniamo all'attualità, cioè a "il tempo che vorrei".
E’ probabile che ogni libro di Fabio Volo, sia un'autobiografia, infatti Lorenzo, il protagonista, somiglia molto a lui, ha la sua stessa età, all'incirca. Perchè mi piace ? Perchè a livello di età è quasi un mio coetaneo e tante situazioni da lui raccontate, molto bene, mi fanno ritornare alla mente situazioni vissute in prima persona. Ci sono cose che la mia mente sembra aver cancellato e che grazie a Lorenzo, o meglio a Fabio, ritornano alla mente. Una per tutte, la più vera, era quando dovevamo ricevere una telefonata importante e volevamo rimanere soli, perchè era una telefonata fatta dall'altro sesso. Circa 30 anni fa non c'erano i cellulari c'erano i telefoni con il disco e, soprattutto, erano sempre dislocati nella parte centrale della casa, dove tutti erano pronti a sentire tutto. Magari eri li ad aspettare il trillo del telefono e per un'ora non c'era stato nessuno, improvvisamente la spazio si riempiva, appena cominciavi a parlare, dopo che il telefono aveva fatto mezzo squillo.
Ma torniamo al libro e al suo protagonista, il quale non ha la capacità di dimostrare l'amore verso il prossimo, ma soprattutto verso due persone, fondamentali nella sua vita, cioè suo padre e la sua donna.
La cosa più difficile per Lorenzo è crescere, soprattutto è la paura di confrontarsi con persone che provano verso di lui un sentimento vero. O meglio, riferendomi al padre, un sentimento paterno, che delle volte, può apparire in contrasto con il voler effettivamente bene ad un figlio. La similitudine riferita alla tapparella rotta, è molto calzante. E la povertà che si dilata fino a far diventare tutto precario. La provvisorietà è un qualcosa che dura nel tempo e difficilmente si riesce a sradicare. Per questo una tapparella con il cacciavite che funge da fermo, è un qualcosa che dura nel tempo. E il rapporto con i due personaggi come procede? Lorenzo comincia a conoscere suo padre in età avanzata, quando ormai la vita aveva chiesto quasi tutto a quest'uomo, che aveva fatto del lavoro e dei debiti una sua ragione di vita. Non c'era niente altro, solo lavoro per ripianare i debiti e talvolta prendere il salvadanaio di Lorenzo per far sta buoni i creditori. E poi c'è Lei, la sua donna, che come tutte le cose della nostra vita, assume una forma essenziale nel momento in cui non c'è più, nel momento in cui capisci che l'hai persa, forse per sempre. E allora tutti i tuoi ricordi, che lambiscono il masochismo, vengono a galla. Ogni cosa, ogni odore, ogni movimento, ti fa venire in mente Lei, ti fa ritornare alla mente i momenti stupendi passati insieme, la prima volta in cui hai fatto l'amore e tante altre cose, che servono solo a distruggerti. Ma in tutto questo c'è bisogno di un aspetto fondamentale, cioè crescere, avere la cognizione che soltanto facendo quello scatto in più, si può arrivare ad una conclusione, positiva o negativa che sia.
Le preoccupazioni, i pensieri, le delusioni, inevitabilmente, aiutano a crescere e crescere significa prendere atto della vita, di quella che ti regala , ma anche di quello che ti toglie. Talvolta senza una spiegazione plausibile, ma in fondo a tutto c'è un perchè.
E poi il libro da delle piccole spiegazioni che ignoravo, per esempio il suo amico fraterno Nicola, gli spiega il significato della parola croissant, che ha la stessa forma della luna crescente della bandiera turca. E il motivo per cui la Fanta si chiama in questo modo? Piccole notizie , ma comunque utili e divertenti.
Concludendo è un libro che raccomando, che regalerei ad un amico e che leggerei in ogni caso, anche se non fossi un estimatore dello scrittore.
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