venerdì 9 luglio 2010

Campo di concentramento di Auschwitz Birkenau - Polonia


Auschwitz è stata la prima tappa che abbiamo fissato in questo tour della Polonia. Volevamo andare per cercare di capire, ma soltanto quando si è li, si riesce a provare quella sensazione di amarezza, tristezza e molto altro ancora.
E' il giorno del trasferimento da Breslavia a Cracovia e questo triste luogo si trova lungo la strada.
Lasciamo la macchina nel parcheggio custodito, in quanto avevamo le valigie ben in vista e non era consigliabile lasciarle troppo in evidenza. Pian piano ci avviciniamo all'entrata del museo, per cercare di capire se ci fosse qualche guida in italiano, erano quasi le 15, ma purtroppo l'ultima escursione guidata era partita da un bel pò. Così indecisi tra il tornare il giorno successivo e prenotare la guida o entrare e andare da soli, abbiamo optato per la seconda. Secondo me è stata la cosa migliore, perchè generalmente per vedere tutti e due i campi , insieme alle guide ci si impiegano circa 3 ore, noi solo per Auschwitz 1, abbiamo impiegato lo stesso tempo.
Ci siamo chiesti spesso, Carla e io, se era il caso di andare e portare Jacopo, dopotutto ha solo 10 anni. Non sapevamo come potesse reagire, gli abbiamo spiegato cosa andavamo a vedere e detto a grandi linee le motivazioni di tanta crudeltà.
Dopo aver passato il tornello di entrata, cominciamo ad entrare in uno dei luoghi più tristi della storia contemporanea. La famosa scritta, recentemente rimessa a posto dopo essere stata deturpata, segna l'inizio di un qualcosa che è di difficile spiegazione, per una mente normale. Sono appena passate le 15 e ci sono molte visite guidate, insomma c'è molta gente, di varie nazionalità e delle età più diverse. Con piacere noto che ci sono molti giovani, ciò significa che non si vuole dimenticare l'atrocità avvenuta. Cominciamo a visitare i blocchi, cerchiamo di capire le condizioni di vita dei prigionieri e magari comprendere i loro pensieri. Camminando all'interno del campo, mi rivengono in mente i film che ho visto e quei fili spinati e i cartelli di pericolo, mi diventano famigliari. A turno entriamo nei blocchi, andiamo prima in avanscoperta e vediamo se è il caso che Jacopo entri. Ricordo che solo in uno non è entrato, in quello dove c'erano le foto e le storie dei bambini, non era proprio possibile. Ho visto cose che difficilmente dimenticherò. Vedere quella vetrata piena di capelli, circa 7500 kg, è impressionante. Come le migliaia di scarpe, divise da quelle dei bambini. E allora mi torna in mente "Il bambino con il pigiama a righe", di cui ho letto il libro ma mi sono rifiutato di vedere il film e di quel filo spinato che divideva due bambini, che in realtà avevamo molte cose in comune. Il muro della morte è un altro di quei luoghi difficili da dimenticare, ma forse alla fine è tutto l'insieme che ti rimane addosso. Si addosso, perchè è come uno scontro frontale, da cui ti riprendi solo dopo molto tempo e solo se sei fortunato. Abbiamo spiegato a Jacopo alcune situazioni, per esempio quella relativa al fatto che li facevano mangiare poco, in modo da poter entrare in più persone sullo stesso giaciglio, dire letto mi sembra abbastanza azzardato. Ma ecco che passa il tempo, sono circa le 17 e il silenzio la comincia a fare da padrone. Le visite organizzate non ci sono più. Cambia il tenore della visita, sei li perchè vuoi veramente capire e non, come ho visto, solo per fare foto ricordo, magari mettendosi in posa vicino a qualche luogo particolare. Arriviamo di fronte al padiglione 10, quello del dottor Mendel e sfortunatamente, o forse è meglio dire per fortuna, era chiuso. Dico questo perchè chiunque abbia visitato questo blocco, ne è rimasto scioccato. I suoi esperimenti su donne e gemelli, sono qualcosa di abominevole, che secondo me non rientra nell'essere umano. Il silenzio e il vento nel campo, sembrano farti compagnia, per farti comprendere ancora meglio il dolore che si provava. Nel blocco 21 è allestita una mostra in ricordo degli italiani deceduti, con la famosa scritta di Arrigo Levi "Se questo è un uomo". Quello dedicato agli ebrei è lugubre, qui Jacopo è voluto uscire quasi subito. L'ultima cosa che abbiamo visto, è il forno crematorio. Non ho parole, le ho terminate, come i miei pensieri più buoni, per cercare di comprendere. Ripercorro la strada verso l'uscita e penso di aver visto un'atrocità unica, penso che ognuno di noi, ma soprattutto i giovani, dovrebbero essere messi in grado di conoscere tutto questo.
Sono orgoglioso di aver portato mio figlio, ho cercato di spiegargli e non so quanto abbia potuto capire fino in fondo.
La mattina dopo gli ho chiesto della visita e lui mi ha risposto che prima di addormentarsi ha ripensato a molte di quelle cose che aveva visto.
Non dimentichiamo e non facciamo dimenticare , perché senza il ricordo non c'è futuro.

1 commento:

Valentina ha detto...

Ho prenotato per la Polonia, e spero vivamente di riuscirci ad andare. Devo vedere questo campo e forse andrò anche a Treblinka. Un abbraccio.

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